In un’epoca di ridefinizione dei generi la pittura mantiene la sua centralità riuscendo, nei casi migliori, a rinnovarsi da un punto di vista iconografico, quindi conservando quella caratteristica che le è propria, implicita al concetto di “technè”, di tirocinio artigianale visto in una dimensione di sublimazione dell’agire artistico, con modalità attente e riflessive, abbinando a questa antica vocazione la capacità di osservare con occhio partecipe e disincantato al tempo stesso l’esistente, decontestualizzandolo dalla sua effimera contingenza materiale per dargli forma nella dimensione del simbolo.
Da quando l’arte si è calata in una nuova realtà sociale, che le ha mutato diversi connotati ponendola all’interno di un diverso e più complesso sistema relazionale, cioè dall’inizio dell’ 800, la pittura si è posta in due occasioni, ovviamente tra loro diverse, a salvaguardia dei suoi valori fondativi : all’esordio della rivoluzione industriale, con le correnti del Romanticismo che ne difendevano il livello auratico, e dopo il 1975, a seguito dell’ingresso nella società postindustriale e della crisi del Concettuale.
Seguo con partecipazione le vicende della pittura sin dagli esordi della mio mestiere di critico ed organizzatore culturale, quindi dal 1984. In sintonia con un’attività che è nata come vocazione, a contatto con i giovani autori di quegli anni, ho registrato le mutazioni della pittura dopo l’ondata della Transavanguardia, in un clima di contaminazione multidisciplinare e di enfasi espressiva, fortemente venata da suggestioni provenienti dall’estetica metropolitana, dalla moda, dalla musica e, soprattutto, dal fumetto.
Essendo, sin dall’antichità remota, lo strumento mimetico per eccellenza, la pittura riesce a metabolizzare, con procedimento metamorfico, tutto quanto proviene dall’esterno, e sta riuscendo nell’impresa anche relativamente a strumenti come la fotografia, l’immagine digitale e, più in generale, tutto l’inesauribile armamentario di simulacri della contemporaneità.
Attualmente abbiamo,da un lato, il ritorno di un’attenzione curiosa e partecipe nei confronti degli stereotipi mediali, come avvenne negli anni’80, ma mantenendo molte caratteristiche di quell’atteggiamento di freddo ed algido distacco mentale tipico, almeno secondo la mia lettura, degli anni ’90.
La contemporaneità appare nuovamente come narrazione iconografica prevalente, ma sfumata in un atteggiamento evocativo di suggestioni che furono un tempo intense e nel “qui ed ora” si ripropongono come sfocate dalla consapevolezza e dal disincanto.
Gli ultimi anni hanno testimoniato la volontà della più giovane generazione di cimentarsi con la pittura, divenuta fondamentale viatico per nuove narrazioni.
Quanto oggi appare parzialmente inedito e stimolante è l’attitudine a mescolare con disinvoltura tracce e visioni appartenenti di pari alla cultura “alta” ed a quella “bassa”.
Brani di storia si mescolano a visioni psichedeliche e metropolitane, insieme a simboli appartenenti al repertorio tradizionale della pop art, così come al fashion, all’illustrazione, al fumetto.
Dopo vari segnali positivi intuibili lungo il corso degli anni Zero, pare che questa vocazione ad un’”arte totale”, rinvenibile anche in forme di grafica che tendono alla creazione di un linguaggio proprio, lontano dalle mode, con una grammatica ed un vocabolario originali, per riuscire a comunicare in un mondo già saturo di segni, in un design ecosostenibile, nella Street Art ed in particolari forme di artigianato artistico metropolitano, costituisca la novità più rilevante degli anni Dieci.
La produzione del ventiduenne Eric Pasino, studente dell'Accademia Albertina ed allievo della Scuola di Pittura di Giuseppe Leonardi, si pone in pieno all'interno di queste coordinate stilistiche, manifestando, ad onta della giovane età, una maturità tecnica sorprendente ed ancora suscettibile, come logico attendersi,di ulteriori affinamenti.
Le immagini di Pasino, che adopera la pittura ad olio, ma anche tecniche come l'acquaforte, sono caratterizzate da una forte valenza simbolica ed evocativa. La sua è una figurazione che tende ad essenzializzarsi fino a sfiorare l'aniconico tramite la fusione della figura con lo sfondo.
La dimensione narrativa mescola piani diversi. L'iconografia sembra provenire da tempi passati, dalla grande arte di impianto moderno, specie quella nord europea quattrocentesca, per giungere agli umori del Barocco naturalista, fino alla sua ripresa durante la stagione del Romanticismo francese.
Il tutto traslato nella dimensione del presente, con echi delle narrazioni apocalittiche che caratterizzano la nostra post modernità , timorosa di sprofondare in un nuovo medioevo frutto dell'incuria verso l'ambiente e delle possibili nefaste conseguenze di una globalizzazione selvaggia, che potrebbe far ripiombare l'umanità verso il rischio di una catastrofe nucleare, che sembrava esorcizzato dalla caduta del Muro di Berlino, ma che risulta ora di nuovo possibile nella scia di un terrorismo folle e privo di un baricentro individuabile..
Come sottolineato dallo stesso giovane autore, i dipinti sono fortemente intrisi di un'aura di mistero e decadimento, e sono frutto di una crescita esponenziale dell'ispirazione, che parte da uno spunto od un'idea, per poi arricchirsi di particolari talvolta inaspettati in corso d'opera.
La base di partenza è di matrice figurativa, ma si arricchisce spesso di intrecci, calcificazioni ossee, con conseguenti mutamenti di forme e texture.
L'effetto finale raggiunge quindi dei raffinati vertici di ermetismo, che suscitano la curiosità dello spettatore, offrendogli una pluralità di significati possibili, in linea con la sua cultura e le sue aspettative di immaginario.
Edoardo Di Mauro, giugno 2019.